Storie di startup: snapback, in uno schiocco di dita! come usare tutte le funzioni degli smart device senza toccarli

Storie di startup: snapback, in uno schiocco di dita! come usare tutte le funzioni degli smart device senza toccarli

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di Francesca Giordano

Un progetto italiano e la consapevolezza di un gruppo di amici di come la tecnologia può migliorare la nostra interazione con i dispositivi mobili, anche nell’ottica di una sempre maggior sicurezza. Ci racconta l’idea Simone Severini, Marketing Strategist di SNAPBACK. 

 

Lo snap è lo schiocco delle dita… come è nata la storia di Snapback?

Snapback nasce dall’intuizione dei suoi fondatori che nel 2013, riflettendo su quanto gli smart device stessero cambiando la nostra vita, si sono resi conto che se è vero che i dispositivi mobili sono entrati di prepotenza nella nostra società e continuano a migliorarsi in quanto a prestazioni e funzioni, il modo in cui interagiamo è fermo dai tempi dell’invenzione della macchina da scrivere.

Ancora oggi, come allora, abbiamo bisogno di guardare lo spazio di scrittura e di avere un contatto tra le nostre dita e la tastiera: solo di recente colossi come Apple, Google e Microsoft hanno cominciato a modificare questo status-quo, integrando nei propri sistemi il comando vocale come sostituto della scrittura.

Ebbene, Snapback crede che questo sia solo il primo passo verso la rivoluzione che ci attende e in cui vuole avere un ruolo da protagonista.

 

Stiamo assistendo al passaggio dal touch al touchless in un’epoca in cui c’è ancora chi oppone resistenza alla prima delle due tecnologie. Voi proponete una soluzione completamente touchless e sightless che sfrutta i sensori già presenti sugli smart device per far sì che non occorra toccarli né guardarli per “comandarli”. Potete spiegarci meglio di cosa si tratta?

La nostra soluzione è “anche” touchless e sightless, nel senso che vogliamo aggiungere interfacce intuitive e naturali a quelle che già esistono sugli smart device, senza per questo sostituirle del tutto.

L’obiettivo è quello di rendere l’interazione uomo-macchina naturale come quella uomo-uomo, in cui non è possibile raggiungere una piena comunicazione senza utilizzare più canali: pensiamo solamente a quanto noi italiani arricchiamo il modo in cui ci esprimiamo con la gestualità e la mimica facciale.

Grazie ai numerosi sensori di cui oggi sono dotati, gli smart device possono recepire una moltitudine di input dall’ambiente che li circonda, tra i quali i gesti compiuti e i suoni emessi (da qui lo schiocco delle dita) da chi li utilizza. La nostra mission è “tradurre” gesti e suoni in comandi per il device.

 

Il mercato del touchless è in forte espansione. In cosa si contraddistingue Snapback e quali sono i campi in cui risulta più utile questa tecnologia?

Oggi vediamo molti nostri competitor internazionali specializzarsi su mercati verticali dinamici, come il gaming o la domotica.

Noi di Snapback abbiamo riflettuto a lungo sui cambiamenti che la nostra tecnologia può portare nella vita di chi ne usufruirà e siamo giunti alla conclusione che i maggiori benefici nella sua prima fase di applicazione possono essere conseguiti in settori riguardanti la sicurezza. Pensiamo ad esempio alle problematiche molto sentite della sicurezza sui luoghi di lavoro e alla guida di automobili, situazioni in cui un semplice smartphone da utile strumento di comunicazione può diventare una pericolosa fonte di distrazione.

 

Nell’ottica di rendere l’interazione con le “macchine” più naturale, quali sono i vostri progetti in cantiere?

Ad oggi abbiamo sviluppato un framework che consente di interagire con un dispositivo tramite voce, suoni, gesti e movimento dello stesso, anche contemporaneamente.

La nostra sfida è quella di tenere il passo con i grandi produttori internazionali di smartphone e tablet fornendo soluzioni di interazione non appena sul mercato si affacciano prodotti che aumentano le capacità recettive dei device, situazione che si verifica a ritmo sempre più serrato.

Per il futuro, da un lato stiamo guardando ad altri mercati, come la sicurezza pubblica o l’Internet of Things; dall’altro, stiamo pensando anche a veri e propri device, costruiti come un vestito su misura sulla nostra attività di ricerca.

 

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